Alec Trenta
Intervista a Alec Trenta, fumettista e stand up comedian.
In questo episodio intervistiamo il fumettista e stand up comedian Alec Trenta discutendo il suo primo fumetto "Barba".
Scopriamo meglio la vita e la carriera di Alec, inclusi i suoi esordi nell'arte, l'importanza della musica nel suo processo creativo, la sua passione per l'arrampicata e i suoi pensieri su identità, comunità LGBTQ+ e responsabilità artistica.
Alec condivide infine alcuni dettagli sul suo nuovo percorso nella stand up comedy, aneddoti personali e riflessioni sul significato dell'arte queer e sul ruolo degli artisti nell'aprire strade per narrazioni diverse.
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Iride: Stai ascoltando Iride, il podcast che guarda il mondo attraverso gli occhi di artiste e artisti LGBTQ. Io sono Guido e oggi scopriremo passo a passo il mondo di Alec Trenta.
Benvenuto.
Alec Trenta: Ciao! Grazie mille.
Iride: Nel 2022 hai pubblicato con Laterza il tuo primo fumetto "Barba. Storia di come sono nato due volte." Com'è nata l'esigenza di scrivere e disegnare un racconto autobiografico?
Alec Trenta: Assolutamente per caso, anche perché non avrei immaginato che poi sarebbe successo quello che è successo, perché io stavo studiando in una scuola a Roma, che si chiama Officina Pasolini. Però ho fatto un corso di videomaking, quindi in realtà era un linguaggio un po' diverso, simile ma diverso.
E soprattutto io montavo video e mi ricordo che il mio prof di sceneggiatura vide un quadernino dove c'erano degli appunti, più o meno appuntazzi, non è che io prendessi proprio tutti questi appunti e c'erano anche disegni e mi disse proprio:"
Forse è il caso che tu insomma approfondisca anche questa roba qui.".
E poi che è successo? Che sostanzialmente ci hanno chiuso in casa per il Covid
e ho avuto il tempo e lo spazio per provare a raccontare una storia.
Quindi è uscita fuori un pochino l'idea di Barba. All'inizio era totalmente diverso da quello che poi è uscito però insomma l'ho proposta, anche perché ho incontrato Luca Raffaelli, ed è stato forse uno degli incontri più fortunati che ho avuto fin'ora e ancora gli sono molto, molto grato.
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Però, appunto, è nata questa storia perché stavo per affrontare la terapia ormonale. Avevo appena deciso di iniziare quella parte lì, di questo viaggio.
E quindi ero un po' in un momento di:"Okay, è successa tutta questa roba, ho passato tutto questo periodo di autoanalisi.
Vorrei capire come sono arrivato fin qui. Cioè, perché adesso sono io? Perché sono arrivato a questo momento?".
Poi non ho pensato che insomma, pubblicando un oggetto che effettivamente poteva essere letto da un po' di persone, sarebbe successo quello che è successo.
È nata proprio come una cosa per me, per capirmi meglio, per conoscermi.
Che cosa è successo?
Sostanzialmente lo hanno letto anche altre persone. Banale, però sicuramente si è creato qualcosa.
Mi sono sentito meno solo.
Una cosa che mi ha fatto molto piacere è che sì, magari lo hanno letto persone trans, ovviamente, ma lo hanno letto anche persone non trans e spero che un pelo sia una storia universale in cui ci si siano trovate più persone possibili, no?
Cioè alla fine il percorso di affermazione di genere è un percorso di crescita e spero che le persone che abbiano letto Barba abbiano capito questa cosa qui.
E una cosa che mi ha sorpreso tanto è che tante mi hanno detto:"Guarda,
non sono una persona trans, non ho fatto questo tipo di viaggio qui, però comunque in tante cose mi ci sono trovato."
E questa è una cosa che mi ha fatto molto, molto, molto piacere. E soprattutto lo hanno letto un sacco di genitori e questo mi rende sempre abbastanza contento e sorpreso anche. Sentivo un sacco di responsabilità, avevo veramente molta paura di parlare di una cosa che quasi non sentivo mia, cioè all'inizio pensavo addirittura "Oddio, non sei un attivista, non puoi parlarne in questo modo."
Poi alla fine ho capito la mia era semplicemente una testimonianza di quello che è stato e spero che sia andata bene e che sia semplicemente una storia da cui si può trarre un po' più di serenità. E' un percorso in salita, perché è in salita, però poi c'è una bella discesa, insomma è affrontabile. L'importante è non stare da soli e trovare la giusta rete di persone da cui farsi accompagnare in questo cammino, sicuramente. Però è okay si può fare, perché io ero terrorizzato e pensavo addirittura:" Oddio, sei una persona trans non potrai mai fare il fumettista,
come non potrai mai camminare, mai mangiare, mai comprarti un motorino."
Ero pieno di pregiudizi e li ho smontati tutti. Fortunatamente.
Però poi quando ho letto ad esempio Fumettibrutti in libreria, era uscito da pochissimo, ho detto:"Okay, allora posso fare il fumettista anch'io!"
Insomma hai questa responsabilità qui, che è comunque una responsabilità grossa.
Iride: Perché senti questa responsabilità?
Alec Trenta: Perché il mio concedermi di essere me stesso, quindi di essere Alec, così come sono, è nato quasi tutto dalla lettura di "Vita di P. La mia adolescenza trans."
Effettivamente, oltre poi al fatto di aver apprezzato un fumetto perché io ho sempre letto fumetti, però in quel momento lì c'è stato proprio un tassello in più.
Un picco di umanità oltre qualsiasi altra lettura avessi mai fatto. È stato proprio il momento in cui mi sono concesso questa cosa qui ed è nato un po' tutto da lì.
Quindi pensa quanto può essere potente un fumetto. È per questo che secondo me c'è una responsabilità. Poi bisogna sempre stare calmi perché io c'ho una mega ansia terribile, cioè, non ho dormito notti perché ho detto:"Tu stai raccontando la tua storia, nella tua storia non c'è niente di sbagliato, perciò si può fare."
Iride: Una delle cose che raccontavi in altre interviste che in qualche modo ti sei permesso dopo la transizione è giocare a calcio con i maschi e raccontavi anche di avere un piede banana. Hai ancora il piede banana o hai lavorato su quello?
Alec Trenta: No, no, ho ancora il piede a banana e il calcio non è il mio sport di sicuro, nessuno sport è il mio sport, in realtà. Sto cercando adesso di iniziare un nuovo sport che è l'arrampicata, per capire se effettivamente posso essere una persona sportiva. Però no, il calcio non fa per me.
Iride: Ho adorato per anni l'arrampicata. E' uno sport magnifico. L'ho praticato per anni in palestra perché odio il freddo, quindi non andrò mai in montagna ad arrampicare, ma ho sempre trovato un ambiente molto, molto accogliente, anche stranamente accogliente e stranamente poco maschilista. No, non è vero, è estremamente maschilista a modo suo - comunque viviamo una società patriarcale e tutto quanto - ma rispetto ad altri sport decisamente più aperto.
Alec Trenta: Sì, e infatti mi sono sentito accolto, perciò ho detto: "Non so come andrà, ma accetto questa cosa e provo a fare dell'arrampicata anch'io" e quindi, adesso, faccio questo sport.
Iride: Qual è l'episodio che hai descritto in "Barba" a cui sei più affezionato?
Alec Trenta: Sicuramente penso quello della porta blu. C'è un momento della storia in cui Ale, il protagonista, è la prima volta che va dallo psicologo e si trova in questo corridoio un po' horror. Sembra l'inizio di un giallo e si trova davanti a questa porta immensa che è una porta blu e al di là della porta
c'è la stanza dove c'è lo psicologo. Adesso sono particolarmente affezionato a quel momento lì della storia perché penso poi a tutto quello che è stato dopo
e è nato tutto lì.
Anche il protagonista va lì che è davvero terrorizzato perché pensa di avere qualcosa che non va e parte della storia è anche questo smontare questa matassa di cose che non vanno. In realtà nell'essere trans non c'è niente che non va,
semmai c'è qualcosa di complicato da affrontare con le altre persone, non con tutte le altre persone.
Forse c'è qualcosa da sistemare proprio nella società per vivere un po' meglio e sicuramente l'autoanalisi e l'ascolto di sé può aiutare in questa cosa perché se ascolti bene te e un pochino ti conosci poi riesci anche a conoscere le altre persone, senza troppi pregiudizi. Rimani abbastanza aperto.
Io ero convinto che l'essere trans era sbagliato e che non avrei potuto fare niente, che non avrei trovato lavoro, non sarei mai stato più con nessuno, non avrei potuto fare il fumettista, tutta una serie di cose che erano venute fuori, non so, ascoltando telegiornali, leggendo notizie. Non c'era una narrazione reale di persone trans che effettivamente raccontassero: "Okay, non è sempre semplice, però si può fare."
Si può fare, assolutamente. Quindi secondo me quello lì è il momento a cui sono un po' più affezionato della storia. Poi vabbè, lo psicologo diventa Super Saiyan, insomma ha un ruolo cardine nella storia.
Iride: E qual è stato invece l'episodio più difficile da raccontare?
Alec Trenta: L'episodio più difficile da raccontare... ma sai, sono stato abbastanza attento a raccontare quello che non è andato anche se sono veramente poche le cose che non sono andate. Però ho cercato di raccontare una storia abbastanza in positivo, abbastanza luminosa. Non è tutto spiccicato alla realtà.
Sicuramente una parte in cui ho fatto un sacco di difficoltà, che ci sono stato veramente tantissimo anche a confrontarmi con con altri, è proprio la paginetta di Pierfranco, dove c'è proprio la separazione tra identità di genere e orientamento sessuale e genere assegnato alla nascita. Su quella pagina lì ci sono stato davvero tanto e l'ho un po' sofferta perché avevo paura di escludere qualcuno, oppure che non stessi dicendo le cose effettivamente com'erano e quindi ho chiesto consiglio, magari a persone che ne sapessero di più. Quella pagina là l'ho sofferta un sacco proprio, non ci dormivo la notte.
Ho detto: " Ho saltato sicuramente un passaggio, qualcuno verrà sotto casa e mi dirà che ho fatto la cosa più brutta del mondo." No, è un fumetto, non lo leggerà neanche tutto il mondo e insomma quella responsabilità brutta me la son tolta di dosso, nel senso che è la tua storia.
Iride: Nel tuo lavoro la musica gioca un ruolo importante. In che modo è entrata nel tuo lavoro e perché è così importante per te?
Alec Trenta: Non so perché effettivamente sia così importante per me, però vivo sicuramente con la musica alle orecchie. Infatti ultimamente non ci sento neanche più bene.
Soprattutto in quel periodo lì in cui stavo facendo "Barba" ascoltavo davvero tantissimo Giovanni Truppi e mi ha aiutato, mi ha aiutato tantissimo. Ogni volta che ascolto Truppi sembra sempre che tutto quello che dice un po', non come se mi avvicinasse un po' alle cose che sento e quindi mi aiuta a capire quello che succede. No, forse succede proprio questo.
E lì per lì, cioè "Barba" l'ho fatto davvero con Truppi alle orecchie.
Poi ho messo altre canzoni, magari canzoni che ho ascoltato in momenti che ho effettivamente vissuto, magari mentre stavo scrivendo e disegnando, però Truppi è stato proprio una guida costante. Poi in generale, se ascolto musica mi viene proprio in testa tipo il videoclip, c'è quest'approccio sinestetico assurdo, per cui ascolto una canzone e allora mi viene in mente una storia, se no, no.
Cioè, è una cosa davvero incredibile.
Se non ascolto musica ho la testa vuota e quindi è un po' anche per questo, credo.
Iride: Che cos'è la teoria del mandarino?
Alec Trenta: La teoria del mandarino è una teoria che non esiste. Proviamo ad immaginare che abbiamo mangiato un mandarino e che si sia incastrato lì nello stomaco o comunque nella pancia e che quindi ognuno di noi abbia questo mandarino incastrato lì e ogni spicchio del mandarino corrisponde ad una parte della nostra identità.
Ad esempio uno spicchio del mio mandarino potrebbe essere tipo la Fiat Panda che aveva mia mamma quando quando ero piccolo, un altro spicchio potrebbe essere una persona a cui tengo moltissimo, oppure il fatto che mi piaccia moltissimo la carbonara o che ascolto non so, Giovanni Truppi, Depeche mode, insomma qualsiasi cosa. E poi c'è uno spicchio di questi che rappresenta effettivamente la mia identità di genere. Quindi il fatto che io sia una persona trans, ma è semplicemente uno spicchio cioè è una parte di questo mandarino. Non è tutto quello che sono.
Questa è la teoria del mandarino. Semplicemente perché ho paura che questa mia caratteristica sia tutto quello che è in me, quando in realtà non è così, anzi è veramente uno spicchietto.
Poi c'è effettivamente tantissima roba. Ma anche anche nel tuo mandarino ci sono un sacco di cose. Ecco, benissimo.
Iride: Come sei entrato in contatto con la comunità LGBTQ?
Alec Trenta: Tramite "Barba", un pochino di più sicuramente.
Prima avevo conosciuto altri ragazzi che magari avessero fatto un pochino le mie stesse esperienze. C'è quella fase all'inizio in cui vuoi parlarne con qualcuno per capire se sei da solo nel mondo. Spoiler: no. Siamo sette miliardi
ed effettivamente ho conosciuto un po' di ragazzi con cui parlare un po' di quello che mi stesse succedendo.
Poi con Barba sono entrato un pochino più in contatto con la comunità sicuramente.
Iride: In un'altra intervista hai detto che la transizione è stata come nascere già adulto e nessuno ti spiega nulla. Che cosa intendevi?
Alec Trenta: È un po' il discorso del nascere due volte. Cioè nel senso che non è poi una cosa che secondo me capita solamente alle persone trans. Capita a tutti, c'è un momento in cui arrivi sulla terra è la prima volta che nasci in cui sei piccolo,
e cresci insomma e ti alzi anche e poi c'è questa seconda nascita, in cui magari non che tu sia adulto, però sicuramente sei più grande in cui ti concedi di essere te stesso e sono nato una seconda volta, ma già grande e forse questa seconda nascita. Poi non è che ce n'è una seconda, ce ne sono veramente tantissime durante l'arco di un'esistenza, vai a capire poi.
Nel senso, ho venticinque anni, sembra che ne ho tipo ottantamila, però insomma mi immagino che ogni volta ci sia un percorso di scoperta in cui cresci sempre un po' di più.
Iride: Perché la seconda volta devi nascere che sei già un po' più grande?
Alec Trenta: Facevo un po' riferimento al fatto che a scuola nessuno te ne parla. Questo concedermi di essere me, magari poteva avvenire un pochettino prima sicuramente, forse in maniera diversa, perché magari sai, da piccolo hai a che fare con te stesso in modo differente. Però, ecco, magari avrei potuto semplicemente dire sono un bimbo trans. Okay, basta, Non ci sono problemi. E invece io ho scoperto tutta questa cosa qui che avevo diciott'anni.
Iride: Nella tua produzione artistica e nei tuoi fumetti spesso ci sono anche altre fette di questo mandarino di cui parlavamo prima. E ultimamente hai aggiunto un altro tassello alla tua vita artistica, salendo su un palco e facendo stand up comedy. Come hai iniziato questo nuovo percorso artistico? E di che cosa parli quando sei su un palco?
Alec Trenta: È iniziato un po' per caso, ho detto:"Devo trovare un momento per me, in cui son da solo", e ho detto:"Prova a fare questa cosa della stand up comedy."
Non so come andrà, ma tutt'ora lo sto facendo per provare un po'. A Roma, in un locale che si chiama Largo Venue, in questo Open Mic che si chiama "Open Latte",
che fa Simonetta Musitano, che è una comica pazzesca.
Però ho iniziato ad andare lì un po' per caso. Mi piace scrivere, mi piace raccontare delle storie, mi diverto davvero un sacco e solitamente parlo un po' delle, io le chiamo le avventure editoriali, cioè quelle volte in cui sono andato in quei paesini sperduti, a magari raccontare di "Barba" e il viaggio è stata una cosa tipo immensa.
Viaggi pieni di imprevisti.
Iride: Chi volesse seguire le avventure da stand up comedian di Alec Trenta, può seguirlo sui social network e sono sicuro che su Instagram e sugli altri tuoi profili ne vedremo delle belle. Io spero che sia una carriera lunga e appena sarò a Roma verrò a vederti.
Come reagisce il pubblico quando sei su un palco?
Alec Trenta: Mi sembra che, insomma, rida. Ecco, mi sembra okay, però l'ho fatto davvero pochissime volte per capire effettivamente cosa succede.
Io mi sento tranquillo, cioè, è un po' assurdo come lissù, io mi senta più tranquillo. Mi sento proprio a casa mia, sono secondo me ancora in quella fase in cui cerco di capire se è una cosa che mi piace e può aiutarmi in qualcosa.
E secondo me sarà così ancora per parecchio. Sento che ogni tanto qualcuno ride, quindi non lo so, forse funziona. Cioè, spero. Non lo so. Spero di sì.
Iride: Nei tuoi tour di presentazione del libro, immagino che ti siano capitate un po' di avventure, un po' di momenti particolari che poi appunto stai portando in scena quando fai stand up. Ce ne vuoi raccontare uno?
Alec Trenta: Ma c'è stata una volta in cui sostanzialmente dovevo andare a fare questa presentazione in un paese lontanissimo, al nord del Piemonte, una cosa veramente lontanissima. Vivevo ancora ad Urbino perché io studio a Urbino
e solo che quel giorno lì in cui sono dovuto andare a fare questa presentazione, tra l'altro una bella presentazione. Son partito da Urbino, c'era lo sciopero dei treni e la sera dovevo essere a Bologna per il concerto di Giovanni Truppi.
E quindi praticamente ho viaggiato tipo diciotto ore, per essere in questo paese trenta minuti a fare questa presentazione. Una santa ragazza bibliotecaria è riuscita a portarmi con la macchina in una stazione dove passassero dei treni, perché lo sciopero c'è stato fino alle diciassette. Non so in che modo sono riuscito poi la sera ad essere a Bologna.
Sperduto nel nord del Piemonte. Le reazioni del pubblico sono state comunque positive. Tutto okay. Ce l'ho fatta.
Iride: Le presentazioni dei libri sono sono così alcune volte. Durante questa intervista stai continuando a evidenziare come tu senta una fortissima responsabilità, una forte responsabilità nei confronti di quello che racconti, nei confronti di come le persone che leggono il tuo lavoro percepiscono quello che tu stai scrivendo e la tua storia.
Secondo te qual è il tuo ruolo come artista?
Alec Trenta: Non lo so qual è il mio ruolo da artista e se poi sono un artista, perché mi sento davvero molto, molto all'inizio, cioè sento che devo fare ancora davvero tanto lavoro.
Sono sempre molto ossessionato dal toccare le cose con la giusta delicatezza, cioè ridurle sempre all'osso. Perché davvero ci sono dei fumetti che ho letto, comunque storie, che toccano magari tematiche anche un po' complesse con una delicatezza,
una leggerezza davvero disarmanti e son sempre quelle cose che mi hanno sbloccato in certi momenti.
E non dico che auspico quella cosa lì, perché insomma è una roba difficile, però vorrei un giorno saper affrontare le cose e parlare di cose con quella modalità, cioè semplificare più che si può, con la giusta delicatezza e anche tenerezza, perché no? Però è una roba proprio difficile.
Forse quando sarò vecchio riuscirò a parlare delle cose in questo modo. Ho questa responsabilità di parlare delle cose in questo modo qui, perché è il modo che funziona con me.
Ovviamente non funzionerà con tutti, però penso sempre oddio, a me ha aiutato così tanto, devo farlo anch'io allo stesso modo, perché se non lo faccio allo stesso modo, non è uguale non è lo stesso. Non è potente allo stesso modo.
Iride: Quali sono stati i tuoi artisti di riferimento? E ci sono ancora oggi degli artisti con cui collabori o comunque con cui ti relazioni che trovi particolarmente interessanti?
Alec Trenta: Io son cresciuto con Leo Ortolani, sicuramente, un po' per caso perché il primo fumetto che mi ha comprato mia madre,era tipo il numero settantadue di Rat-Man, in edicola. Non sapendo poi che stesse dando a un ragazzino di tipo otto anni, un numero di Rat-Man. Okay, mamma perfetto.
Però poi forse leggendo Cyril Pedrosa, quindi Portugal, Equinozi, sono rimasto veramente, io dico "sparaflashato". Forse non ha senso questa parola, però
fortemente colpito sicuramente sì. E poi son cresciuto con Altan, oltre che con la Pimpa o Camillo Cromo, poi ho scoperto dopo, cioè adesso sto scoprendo tutto Altan, quindi magari la satira, Colombo, Cipputi.
Insomma tutta questa roba qui e che ovviamente da piccolonon avevo letto.
E poi della comunità, sicuramente Nicoz Balboa mi è piaciuto tantissimo, tutto quello che fa mi fa sempre impazzire, e poi Noah Schiatti, andrhomeda.
Ci siamo anche conosciuti, tra l'altro, abbiamo fatto una presentazione a Pisa insieme, che è bravissimo.
Iride: Ti vedremo collaborare con loro prossimamente?
Alec Trenta: Ma magari, magari. Devo studiare un po' prima, devo studiare un po' e poi magari... al momento non so.
Iride: Mi accennavi durante una nostra chiacchierata che stai lavorando anche su un archivio di memoria o comunque un archivio personale di famiglia. E' qualcosa di cui puoi raccontare qualcosa?
Alec Trenta: Sì, sì, è proprio la tesi. È proprio questa cosa qui. E racconto un po' della storia dei miei nonni. Mi hanno lasciato davvero moltomateriale a livello di foto, passaporti, documenti e ho detto:" Okay, magari raccontiamo di loro, così poi tiriamo anche fuori qualcosa dal presente e vediamo che succede."
Sono proprio ancora al super inizio e vorrei laurearmi a settembre, ma ah ah, no, vabbè, ce la faccio. Certo, ce la faccio...
Iride: Nelle ultime pagine del tuo primo libro Barba, c'è un numero di telefono e un sito internet. Come mai hai deciso di inserirli? E che cosa sono?
Alec Trenta: È il numero e il link a Infotrans. In realtà non è venuta a me quest'idea e parlando con la mia editor e con la grafica del fumetto, mi ricordo che eravamo insomma in tre... sai c'è un momento in cui alla fine di Barba andavo spesso in casa editrice per vederlo insieme.
Vedevamo quello che era venuto fuori e parlandone mi dissero:" Ma, c'è un modo per indirizzare le persone che magari vogliono indagare un po' di più su di sé o semplicemente si fanno delle domande? In che modo possiamo indirizzare queste persone?"
E allora abbiamo detto:" Okay, mettiamo il numero di Infotrans e magari il link al sito." Infotrans è un portale in cui tu puoi vedere in tutta Italia i punti in cui ci sono magari psicologhe e psicologi che possono seguirti in questo senso o anche chirurghi, centri ospedalieri a cui puoi rivolgerti se vuoi affrontare alcuni interventi, tutti gli interventi, eccetera eccetera.
Insomma, è proprio una mappa in cui tu puoi orientarti, nel caso in cui tu voglia affrontare il percorso o semplicemente indagare un po' di più su te stesso.
Iride: Quali sono le cose che ti piace di più disegnare?
Alec Trenta: Le cose che mi piace di più disegnare? Ultimamente disegno un sacco di scarpe. Non so perché. Non ne ho assolutamente idea. E faccio queste persone con questi capelli tipo mocio. Non capisco perché. E non capisco proprio il perché di questa nuova fase.
È una nuova fase. Non disegno più gatti, tigri. Finito quel momento lì. Scarpe, capelli, mocio.
Iride: Quando studieranno in futuro il tuo lavoro ci sarà il momento gatti, tigri e la fase capelli, mocio e scarpe.
Alec Trenta: Ah, anche le mele. Disegno un sacco di frutta. Cioè, io sono ossessionato dalla frutta.
Iride: Se ricordo bene sei anche ossessionato dalla verdura perché ricordo
un tuo Ted Talk in cui c'erano dei cavoli, il broccolo romanesco.
Che cosa rappresentava il broccolo romanesco nel tuo Ted Talk?
Alec Trenta: Avevo scelto il broccolo romanesco perché è un frattale.
E il frattale è una forma che si ripete all'infinito, in diverse scale. Infatti il broccolo romanesco è il broccolo romanesco, ma nel broccolo romanesco ci sono millemila broccoletti romaneschi e questa ripetizione di forma, ricordava un po' lo schema dell'esistenza, il fatto che comunque siamo in un sistema di pluralia e quindi di varie connessioni tra varie cose diverse.
Il fatto che siamo tutti legati in questo mega schema che è come un broccolo romanesco e all'interno di questo schema ce ne sono altri che hanno praticamente la stessa struttura e questa struttura si può applicare un po' a tutto.
Ad esempio un po' alla mia famiglia che è come un broccolo romanesco e dentro ci sono vari nuclei come altri broccoli romaneschi e un po' anche come l'identità, che è un sistema con dentro altri sistemi.
Il fatto che tutto sia un po' più complesso di quello che sembra, un po' come la verdura, e la frutta: sembrano semplicissime ma in realtà ci dicono un sacco di cose.
Cioè almeno a me aiutano sempre a semplificare tutto, tutto. Ma è pazzesco.
Iride: Nel 2023 hai preso parte ad Ultraqueer. Com'è stato entrare in relazione
con così tanti altri artisti queer italiani?
Alec Trenta: Ero super contento, in realtà. Ultraqueer è una mostra che porta avanti Roma Smistamento, TWM Factory, che è questa associazione culturale su Roma che organizza eventi, mostre, eventi culturali, fanno davvero un po' di tutto ed è un bel polo a Roma.
Di realtà così non ce ne sono moltissime e loro son davvero molto forti. E tra l'altro sto facendo tirocinio da loro, in questo momento e sì, due anni fa sono entrato in contatto con loro e mi dissero:"Stiamo facendo questa mostra che si chiama Ultraqueer e che indaga proprio sulla queerness, sul mondo queer, ti va di partecipare e far qualcosa per noi?"
La mostra poi l'hanno fatta a Palazzo Merulana, a Roma e dissi sì, ed è proprio
lì che ho pensato alla teoria del mandarino.
Iride: È una mia impressione o in questi ultimi anni ci sono tantissime artiste e artisti queer in Italia che stanno emergendo, che si stanno mettendo insieme, che stanno lavorando insieme e hanno una buona visibilità?
Alec Trenta: Abbiamo la stessa impressione. Secondo me, perché sempre più persone ne parlano e quindi sempre più testimonianze. Vuol dire che ogni persona parla del proprio sé, del proprio percorso, della propria scoperta, in maniera sempre differente, per cui diventa una roba abbastanza organica, per cui è più facile che magari altre persone si riconoscano in questo.
Iride: Qualche puntata fa abbiamo intervistato Massimo Basili. Abbiamo avuto un interessante scambio sul significato dell'arte queer, che cos'è l'arte queer?
Qual è la tua idea in merito, se hai un'idea?
Alec Trenta: È parlare di sé, poi ho ascoltato la puntata di Massimo ho riflettuto anche sul fatto che lui diceva che noi siamo arrivati dove siamo arrivati adesso a raccontarci così tanto e con tanta, non dico con tanta tranquillità, però ci raccontiamo e ne parliamo con più libertà sicuramente perché qualcuno prima di noi ci ha aperto la strada. Ed effettivamente io non c'avevo pensato a questa cosa qui.
Quindi secondo me l'arte queer è sì raccontare chi siamo, raccontare chi c'è stato prima di noi e che magari non poteva farlo allo stesso modo.
Quindi raccontarci è importante anche per evitare che quello che è successo prima, possa banalmente riaccadere. Ricordare che siamo persone, banalmente, anche per questo c'è della responsabilità, no?
Iride: Parlando con Noah Schiatti, in un'altra in un'altra puntata del podcast, in qualche modo raccontava che la sua arte è queer anche quando non parla di tematica queer.
Lui sente che la sua arte e il suo modo di lavorare è sempre queer, indipendentemente da quello che sta raccontando e dalla storia che sta raccontando, perché il modo in cui lo fa è queer.
Senti questa cosa nello stesso modo o per te valgono altri ragionamenti e percepisci la cosa in modo diverso?
Alec Trenta: Ma sai che non lo so, nel senso che non ho mai indagato sulla mia queerness.
Cioè, faccio le cose come dico io e basta. Non voglio limiti e non voglio neanche fare troppi compromessi quando faccio certe cose. E forse la queerness è proprio quella cosa lì. Cioè, sono io e sono fatto così, punto e basta.
Iride: Grazie mille per essere stato con noi.
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Grazie mille.
Alec Trenta: Ciao, alla prossima!